Ho il vantaggio di non essermi dovuto sciroppare il "solito" mondiale con delusione finale, quindi forse sono meno adatto a considerare accettabile che EugenioCapodacqua scriva una cosa del genere di uno che ha vinto quest'anno Sanremo 4 tappe al Giro e 5 alla Vuelta ed ha ceduto sull'ultima salita di un mondiale di 272 km.
"Petacchi sul piano della maturità sportiva e umana deve ancora crescere; e molto, ecco il verdetto inequivocabile di Madrid. Non staremo ad attaccarci al solito clichet della moglie al seguito e alle fobie sessuali di uno sport rivolto più al passato che al futuro, ma lo spezzino, con l’occasione irripetibile persa, ha rivelato tutti i suoi limiti. Caratteriali, prima che fisici. Un atleta a mezzo servizio, dalle qualità indiscusse (non solo come sprinter: da giovane vinceva le corse in salita), ma dalla testa balzana, imprevedibile, forse, per usare un termine desueto, un po’ "imborghesito" (ha celebrato la sconfitta con una permanenza spensierata nella Madrid più vacanziera, dopo il fallimento dell'occasione più clamorosa della sua carriera…), certamente capace di qualsiasi guizzo, dalla debacle più immotivata - vedi appunto la prestazione mondiale, un’opportunità che non avrà mai più nella vita - al successo più clamoroso, purtroppo fallito sul mitico Paseo della Castellana. L’asso, il super-eroe dei 300 chilometri di una Sanremo, semplicemente non esiste; è un fragilissimo individuo in balia di pulsioni e sentimenti. La paura, il non credere in se stesso, l’improvviso inspiegabile forfait, dopo le roboanti dichiarazioni della vigilia, ecc. - un coacervo di fattori ne ridimensionano drasticamente la caratura, l'affidabilità e la dimensione umana"
lunedì, settembre 26, 2005
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